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2021 “Quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e nulla più”
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“Quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e nulla più”

L’anno di formazione iniziato lo scorso ottobre si è concluso ad Assisi con un corso di esercizi spirituali itinerante nei luoghi di Francesco. Inutile dire che al di là delle parole ogni pietra, ogni albero, ogni fiore qui ci parla di Dio.

Partiamo dalla visita al crocifisso di San Damiano, oggi nella basilica di Santa Chiara, dal quale Francesco udì in maniera nitida la voce del Signore: “Va’ e ripara la mia casa che come vedi è tutta in rovina”. Anche noi ci mettiamo davanti a Lui, aprendogli il nostro cuore e tacendo. 

Parlaci Signore, aiutaci a riparare prima di tutto noi stessi e poi gli altri nel modo in cui ci ha insegnato Francesco: “La forma più alta di amore verso il prossimo consiste nell’attirarlo all’amore di Dio”.

Una figlia di Santa Chiara, suor Maria Cristiana, ricorda a noi frati la via maestra indicata da papa Francesco per vivere al meglio le dinamiche comunitarie: il perdono. Fare un passo indietro, evitare qualsiasi chiusura e accogliere il fratello permette di appianare tutti gli ostacoli. Al termine dell’incontro, la suora di clausura, che vediamo da dietro la grata, ci lascia uno sguardo di santità: “Vi auguro il martirio della fedeltà”.

Già, Gesù Cristo è una scelta quotidiana, un combattimento continuo, nessun guadagno, nessun vantaggio ci gioverebbe se perdessimo l’unità con Lui. Chi rimane nel Signore, chi è vero e leale non ha bisogno di compensazioni, si affida totalmente al Maestro, si spoglia completamente.

Proprio come Francesco d’Assisi, che una volta scoperta l’umiltà di Dio, il Creatore che si veste della nostra fragile umanità, si spoglia dei suoi averi. Di questo ci parla padre Carlos al santuario della Spogliazione, un frate cappuccino brasiliano. Ci ricorda come sia il nostro ego ad impedirci di abbracciare il Signore. Per incontrarlo dobbiamo riconoscerci poveri, comprendere che ognuno di noi ha bisogno dell’altro. Non siamo autosufficienti. A detta del padre venuto dall’Amazzonia, la scoperta più grande di Francesco d’Assisi è che per aiutare i poveri non è necessario il denaro, quando non ci sono i soldi infatti si può donare se stessi. Così farà Francesco per il restauro di San Damiano, lavora e chiede pietre in offerta al Signore. Non è un caso che proprio in questo luogo ci sia la salma del Beato Carlo Acutis che diceva, muovendosi nel solco di Francesco: “Non io ma Dio”.

Visitiamo il giorno successivo la chiesa di San Damiano, dove incontriamo il frate cantante e musicista, Alessandro. Anche lui ci parla di umiltà, che vuol dire semplicemente ammettere: “non ce la faccio da solo”, una volta portata a compimento questa “operazione” il passo successivo è donarsi completamente. Il fratello in Cristo ricorda a noi consacrati il valore dell’obbedienza, utilizza l’immagine del seme che scende nel buio della terra e affidandosi all’Agricoltore dimostra umiltà, quell’umiltà che gli permetterà di crescere forte e rigoglioso. 

L’obbedienza la impariamo da Gesù nel Getsemani quando accetta la parola amara del Padre che si traduce nella passione e nella crocifissione. Nell’obbedienza quindi passa la volontà di Dio, Alessandro ci invita ad accogliere l’umiliazione; “i superiori – afferma – possono essere anche vendicativi, ma Dio scrive dritto sulle righe storte degli uomini”.  Infine il frate, davvero ispirato, ci ricorda che solo la fraternità è ontologica, essenziale, la paternità invece è occasionale. Siamo tutti figli dell’unico Padre.

Il venerdì, giornata di deserto, incontriamo il Signore nel silenzio e nella solitudine dell’Eremo delle Carceri dove Francesco si ritirava per contemplare e pregare. Lo stesso facciamo noi. Ci dividiamo e rimaniamo soli, ognuno con il suo cuore pronto ad accogliere il Signore nella bellezza del Creato. Dopodiché incontriamo Fra Daniele, ed è come se ci fosse un filo conduttore invisibile che attraverso i figli di san Francesco arriva a noi missionari del Sacro Cuore poco prima di confermare il nostro sì al Signore votando obbedienza, castità e povertà. Appare ormai chiaro che è l’umiltà l’attributo che ci divinizza, “è la consapevolezza – spiega Daniele – dell’uomo davanti a Dio”.

Così prima di tornare a Firenze e continuare il cammino nella vita religiosa, portiamo con noi la consapevolezza di Francesco: “Quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e nulla più”.

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