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Martiri del Quiché Traduzione dell’omelia della beatificazione dei maritiri del Quiché del Card. Alvaro Leonel Ramazzini

Traduzione dell’omelia della beatificazione dei maritiri del Quiché del Card. Alvaro Leonel Ramazzini

Fratelli e sorelle,

non posso all’inizio di questa omelia, tralasciare questa bella e gioiosa visione che ci presenta il capitolo 7, versetti 9 e seguenti del libro dell’Apocalisse. «Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani». E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello». Leggiamo ancora che «questi sono quelli che vengono dalla grande tribolazione, hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello rendendole candide. Non avranno più fame e non avranno più sete, non li colpirà più il sole né alcuna arsura, perché l’Agnello che è in mezzo al trono li pascerà e li guiderà alle sorgenti delle acque della vita»; anche noi seguiamo peregrinando in mezzo alle vicissitudini della nostra storia, la contemplazione del potere di Dio che si rivela agli umili e ai semplici per dimostrare il suo potere, riempie i nostri cuori in occasione di questa celebrazione della beatificazione dei Martiri del Quiché con una allegria e con una speranza che suscita nel cuore di ognuno di noi il desiderio di stare insieme a Loro per l’eternità.

La storia del popolo del Quiché, guidata dalla sua propria visione del mondo, e dai suoi valori culturali, radicati nella sua storia millenaria, fu arricchita dai valori evangelici annunciati e vissuti dai Missionari che, lasciando la loro terra, la loro propria cultura, la loro lingua, assunsero con un amore pastorale esemplare, l’impegno di seminare e far crescere l’albero millenario della fede cristiana. Però, nonostante l’appoggio incondizionato di tanti catechisti laici incontrarono molta difficoltà per realizzare la loro missione. Questi catechisti, uomini semplici, poveri, umili, sapienti, che hanno accolto la Parola di Dio nella loro vita, avevano nel loro cuore l’ardore inestinguibile dell’amore a Gesù Cristo e al suo popolo, e sono convinto che la loro testimonianza di servizio e dedizione totale al Regno di Dio, abbia rafforzato la decisione dei Missionari di farsi tutto per gli altri. È la ricchezza e l’azione evangelizzatrice dello Spirito Santo che, nella diversità dei carismi e delle responsabilità, andava guidando il destino di questa Chiesa facendola crescere nella fedeltà e nella costanza. Uomini che, anche se di origini e storia personale differente, avevano un cuore aperto alle ingiustizie, alle persecuzioni, ai massacri, e alle sofferenze vissute con e per il popolo con il quale vivevano la grandezza della fede, e lo sguardo verso il Crocifisso Risuscitato si fecero veri figli credenti di questa Chiesa madre che cercava di essere luce in mezzo alle tenebre della violenza disumana che causò tante vittime in questa cara terra guatemalteca.

Da dove gli venne la forza, il valore, la decisione, in quel tempo, che comprende la decade degli anni 80, quando le forze armate rinchiudevano molti uomini e donne, cercatori di giustizia e di pace che soffrirono per la persecuzione, la tortura e la morte? La risposta la troviamo nella prima lettura di questa celebrazione, la convinzione che «né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore». Al fine di questa storia di vita che oggi celebriamo con grande allegria nel dichiararli beati, vi è una esperienza di fede, alimentata giorno per giorno nella missione evangelizzatrice e catechetica che ognuno di loro compiva. Non dobbiamo mai dimenticare che il martire è il più chiaro esempio di evangelizzatore il quale esigeva non solo il compromesso giornaliero del servizio, ma anche la convinzione che: «se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».

Tutta questa prova di martirio non è il risultato né della casualità né della improvvisazione, i martiri camminavano per questo mondo facendo il bene, furono promotori della verità, della giustizia e della uguaglianza, con la forza dello Spirito resistettero davanti al male e alla menzogna, incarnata in questa politica di sterminio irrazionale del popolo indigeno, davanti ai potenti di questa terra che mentivano, calunniavano, umiliavano, torturavano, i martiri si costituirono in testimoni viventi dell’amore, perché non c’è amore più grande che dare la vita per gli altri. La celebrazione di oggi è una chiarissima chiamata d’attenzione per quelli di noi che gioiscono del loro trionfo, cercando sempre di essere immagini vive di Gesù, il testimone fedele, il buon Samaritano, il pastore gentile della nostra anima.

Fratelli e sorelle, benedetto è il sangue dei nostri martiri, benedetta la terra che li vide crescere, beato chi dopo la partenza del Vescovo Juan Geraldi e dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù, e altri sacerdoti e persone della vita consacrata hanno intrapreso l’arduo compito di riscattare dalle ceneri il tesoro nascosto della fede, beato chi oggi continua cercando il Regno di Dio e la Sua giustizia, tenderemo la mano a chi ci ha offeso, perdonandolo, benedetto chi segue lavorando per la pace e la riconciliazione lontano dalla violenza e dall’odio fratricida. Al termine di questa celebrazione, che ognuno di noi senta la presenza dei nostri martiri che ci accompagna, ci protegge e ci difende e sostiene, con la speranza che anche noi un giorno nell’eternità vivremo i cieli nuovi e la terra nuova.

Amen!

Omelia scritta dal cardinal Alvaro Leonel Ramazzini, 

in occasione della beatificazione dei Martiri.

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